Nella Sala Riunioni del Centro Regionale Sant’Alessio, ogni mese, i familiari e gli amici di persone non vedenti si incontrano per sperimentare le arti terapie: danza ritmica, messa in scena di testi narrativi e laboratori pratici per condividere con gli utenti del Centro il loro percorso terapeutico. “L’obiettivo è quello di creare degli spazi di elaborazione condivisa”, spiega Alessandro Tamino, psichiatra e responsabile del servizio ambulatoriale rivolto agli adulti del Sant’Alessio. “Abbiamo organizzato vari corsi: il primo è rivolto agli utenti che hanno gravi problemi cognitivi, il secondo è per gli adulti che hanno da poco perso la vista e il terzo è per gli adolescenti”.
Il Centro ha deciso di favorire la presenza agli incontri, anche per i familiari e gli amici degli utenti, con la gratuità della partecipazione. “Per un genitore, poter partecipare agli stessi incontri cui partecipano i loro figli, è molto importante: li aiuta a diminuire la loro ansia protettiva. Le famiglie ci chiedono spesso: «che cosa fate con i nostri figli?» Con questi corsi capiscono il percorso di terapia dei loro i ragazzi e ce li affidano più volentieri”.
Scrive il Dott. Tamino in un recente appunto “[…] penso che il lavoro educativo, riabilitativo, psicoterapeutico e socializzante vada considerato come un sistema dinamico, un vero e proprio mosaico fluido che ci permetta di far sì che i nostri utenti possano usufruire sia di tutti i vantaggi legati alla necessità di spazi chiusi, nei quali agire interventi più tipicamente psicoterapeutici, sia di vivere altri spazi, comunque legati ai primi da un continuum, nei quali si entri più in contatto, fatte salve le debite cautele, con il mondo esterno, tramite metodiche artistiche che vengano percepite non come esclusivamente legate alla condizione di disabilità.
Occorre immaginare il percorso riabilitativo, socializzante e educativo come una serie di camere di decompressione attraversando le quali si passi da spazi della massima riservatezza (ma anche del massimo isolamento) a spazi della massima socialità e quindi della massima apertura… [Leggi tutto]”
Gli incontri sono accompagnati da laboratori pratici: “Mettiamo in scena il ‘teatro della cattiveria’: rappresentiamo aspetti drammatici della vita ma anche situazioni tipiche in cui un disabile può trovarsi. Ad esempio, per superare la morte recente di un nostro paziente, abbiamo recitato una scena in cui uno scienziato pazzo inventa una medicina per far resuscitare i morti ma, una volta tornati in vita, nessuno voleva restare sulla terra. Se non si parla di argomenti difficili con i propri figli, si rischia di lasciarli da soli. Nel nostro laboratorio ne discutiamo in un clima di gioco”.
Un altro elemento importante delle arti terapie è la danza ritmica. “La cecità costringe il corpo del non vedente a posizioni di difesa con ridotte possibilità di espressione. Un adolescente cieco non balla, non sa rispecchiarsi nel corpo dell’altro. Durante i nostri incontri, ognuno aiuta il compagno o l’operatore a mettersi in una posizione e a riprodurre un determinato movimento ritmico. In questo modo, si crea un contatto reciproco. Con il tempo, acquistano una maggiore dimestichezza con lo spazio che li circonda, si esprimono più serenamente e questo ha una ricaduta positiva su tutta la loro vita relazionale”, continua Tamino.
I corsi, a cui partecipano anche gli operatori che vogliono diventare arti-terapeuti, rappresentano un momento di confronto per i pazienti e per le loro famiglie. “Con le arti terapie si crea un contenitore relazionale in cui si condividono esperienze. È una forma di terapia della comunità”.
Per informazioni sulle date e gli orari dei corsi si può contattare l’URP del Centro al numero 06.51.30.18.222/259 (lun-gio 9.00 – 17.00; mar-mer-ven 9.00 – 13.00).