Disabilità visiva, una nuova ricerca fa il punto della situazione nel Lazio. Il lavoro, presentato a Roma lunedì 20 aprile nell’ambito del primo workshop di approfondimento proposto dal Centro Regionale Sant’Alessio a tutti i suoi collaboratori, intende essere – come ha evidenziato il curatore Giampiero Forcesi – “una fotografia in grado di offrire elementi quantitativi e qualitativi, utili per un miglioramento degli interventi a livello educativo, sociale, socio-sanitario e lavorativo”.
Nel Lazio sono 10.384 le persone cieche parziali e assolute, 25.852 gli alunni con disabilità che frequentano le scuole del territorio. I disabili visivi iscritti nelle scuole della regione, in particolare, rappresentano il 15 per cento del totale degli alunni con disabilità visive delle scuole italiane.
Numeri importanti, che pongono una serie di interrogativi ineludibili anzitutto in merito ai percorsi di inclusione – esistenti e da attivare – per garantire un accesso efficace alla formazione e quindi al lavoro per le persone con disabilità visiva.
Sul fronte scuola, il Sant’Alessio – come ha evidenziato la ricerca attraverso questionari rivolti agli operatori tiflologici del Lazio – si conferma una realtà “assolutamente centrale” perché “offre una buona formazione specifica, coordina il lavoro degli operatori e consente loro una certa continuità del servizio”, rappresentando così “un riferimento costante per ogni problematica”.
In particolare, gli Assistenti alla Comunicazione Tiflodidattica (ACT) formati dal Centro Regionale rivestono a tutt’oggi un ruolo definito senza esitazioni “cruciale”, anche in ragione della “quindicinale assenza nel Lazio” di una formazione rivolta agli insegnanti nelle scuole in merito alla disabilità sensoriale.
Sul tema lavoro, l’indagine condotta da Forcesi sottolinea ancora una volta come la figura del centralinista telefonico – in passato sbocco lavorativo per la quasi totalità delle persone non vedenti – sia ormai superata, laddove molto si potrebbe fare per aggiornarne il profilo con le competenze richieste dalle tre figure professionali definite dal decreto Salvi del Duemila: operatore per call center, telesoccorso, uffici relazioni col pubblico.
“Negli ultimi trenta anni – evidenzia la ricerca – la maggior parte delle persone non vedenti ha trovato lavoro solo grazie alla legge degli anni ’80 che ha previsto il collocamento obbligatorio per i centralinisti non vedenti”.
Gli scenari di oggi sono ben diversi e i numeri del Lazio sono severi: solo tre persone nel 2013 hanno trovato occupazione come centralinisti telefonici, mentre altre tre sono state avviate al lavoro grazie alla legge 68 del ’99.
“Da questo punto di vista, la Regione e le istituzioni decentrate del Ministero del lavoro potrebbero fare molto di più di quanto non facciano attualmente, anche in assenza di una revisione legislativa, che pure da tempo è stata richiesta”, è il commento di Forcesi. “E di più potrebbero fare anche per quanto riguarda la sperimentazione di tirocini, sia tirocini lavorativi per individuare nuove opportunità di inserimento anche individuale, sia tirocini per attività di socializzazione e di lavoro protetto per coloro che hanno pluriminorazioni”.
La ricerca costituisce un punto di partenza e una banca dati da aggiornare costantemente, anche per quanto riguarda le attività di abilitazione e riabilitazione visiva e le politiche sociali e socio-sanitarie da attuare nella regione.
Tutto nell’ottica di quella inclusione richiamata come dovere fondamentale nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità: per garantire loro “la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali e il pieno inserimento e partecipazione in tutti gli ambiti della vita”.
Per approfondire i contenuti della ricerca e richiederne il testo completo è possibile contattare il Centro Regionale Sant’Alessio all’indirizzo mail: santalessio@santalessio.org.