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GLI OCCHI DELLA NOTTE

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“Viaggio nel Centro Sant’Alessio di Roma, dove “non vedente” vuole dire vedente con altri sensi, e dove si impara a stravolgere la prospettiva della parola handicap.

Antonio una sera è andato a dormire come vanno a dormire tutti a sedici anni: non tanto felici, non tanto tristi, un po’ annoiati, forse angosciati per il compito in classe del giorno successivo, forse invaghiti della compagna di banco, forse in piena fase “gruppo di amici e basta”. Antonio è andato a dormire la sera del 5 marzo 1982 vedendo di fronte a sé il solito muro della solita stanza, senza sapere che non avrebbe più visto né il muro né la stanza, perché la mattina del 6 marzo si sarebbe svegliato completamente cieco per un’emorragia oculare. Buio totale dall’oggi al domani. Dev’essere andata così, pensa chi lo ascolta raccontare con un’unica frase – “mi sono addormentato vedente e svegliato non vedente” – di quando lui, Antonio Organtini, oggi cinquantenne, avvocato e direttore del Centro regionale Sant’Alessio-Margherita di Savoia per i ciechi, si è improvvisamente ritrovato a vivere una personale Metamorfosi. I particolari Antonio non li dice: dice solo che la grande rabbia a un certo punto si è spenta, che per fortuna nel suo caso è diventata forza, ma non certo “per fare l’apologia della cecità, cosa che sarebbe assurda”, quanto per “stravolgere la prospettiva di chi si trovi di fronte a una diagnosi irreversibile” com’è stata la sua, facendo in modo che impari a illuminare il mondo cieco.”

Marianna Rizzini, il Foglio – 24 settembre 2016

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