“Un libro, un quaderno, una matita: cosa ci faccio adesso di queste cose? Non posso più usarli! Come cieco non posso più leggere un libro… anche se posso scrivere su un quaderno, scriverò sicuramente male e in maniera illeggibile e poi sicuramente io non potrò più leggere quello che scrivo. Veramente pensavo che, per quanto riguarda la cultura, la mia vita fosse finita. Sì, certo, dovevo fare il padre e il marito e non è da poco. Però mi mancava tanto poter leggere e scrivere, approfondire le conoscenze nelle materie che mi interessavano e poterne conoscere di nuove!
Poi ho avuto la fortuna di poter frequentare il Sant’Alessio e di essere aiutato da delle persone magnifiche a cui devo molto. La prima si chiama Ileana Bruffa, la mia insegnante di orientamento e mobilità. Mi ricordo ancora la mia prima lezione, mi disse che, tranne che guidare la macchina, avrei potuto fare tutto. Sinceramente ho fatto finta di crederle, ma dentro di me, pensavo che come minimo stesse un po’ esagerando!”
Benigno Barbetti scrive al Sant’Alessio le sue considerazioni al termine di un percorso di riabilitazione. Le sue parole non hanno bisogno di commenti.
“E invece con molta professionalità, dolcezza, e soprattutto con gli stimoli giusti, dopo quattro mesi ho fatto una cosa che pensavo inimmaginabile…
Era un lunedì mattina e dovevo recarmi al Sant’Alessio, ma quel giorno non mi feci accompagnare dai miei amici, sono uscito di casa e ho preso l’autobus del Cotral che da Capena, dove io vivo, arriva a Saxa Rubra. Da lì ho preso il trenino che arriva a piazzale Flaminio. E poi, la metro fino a Piazza re di Roma. Uscito dalla metro, mentre aspettavo il 671, ha iniziato a piovere. Era marzo e faceva anche un po’ freddo, ero da solo, solo io e il mio bastone bianco, ma poi l’autobus arrivò e scesi a Tormarancia. Da lì c’erano ulteriori 500 metri a piedi con altri tre attraversamenti, ma alla fine dopo tre ore dalla mia partenza arrivai finalmente al Sant’Alessio!
Entrai, salii le scale e andai in camera mia, ero bagnato e stanchissimo, però ce l’ avevo fatta, forse quel giorno è stato il giorno in cui veramente sono nato di nuovo!
Un’altra persona veramente importante al Sant’Alessio è stato Maurizio Gabelli, Il mio insegnante tifloinformatico. Io prima ero abbastanza bravo con il computer e con i cellulari ma da circa tre anni non avevo potuto usarli più. Maurizio mi disse che non dovevo preoccuparmi, avrei potuto fare nuovamente con il computer tutto quello che facevo prima. Anche con lui, come con Ileana, in quel momento ho pensato che invece di stare in una scuola per ciechi ero finito in una scuola di pazzi! Però mi dissi “vabbè, proviamoci!” e giorno dopo giorno, con tanta forza di volontà e tanta pazienza e professionalità da parte di Maurizio, sono riuscito veramente a fare nuovamente quasi tutte le cose che facevo prima, anzi qualcuna anche un po’ meglio, e oggi ogni tanto mi diverto anche a spiegare a qualche mio amico qualche applicazione del telefono o del computer. Grazie a Maurizio posso usare tramite il telefono e il computer un’applicazione che si chiama libro parlato, grazie alla quale tutti i ciechi possono scaricare migliaia di libri che sono recitati da lettori professionisti. Così ho iniziato a leggere moltissimi libri ogni mese, però questo non mi bastava, perché ormai avevo conosciuto, grazie al Sant’Alessio, un mondo per certi versi a me nuovo, un mondo in cui io ero fortunato, sì fortunato perché ero soltanto cieco. Lì ci sono molte persone che hanno altri problemi molto invalidanti oltre la cecità.
Finito il mio percorso di riabilitazione e tornato a casa ho sentito giorno dopo giorno crescere in me la voglia di poter aiutare loro e le loro famiglie. E così mi sono iscritto all’Università. Ho dovuto capire in che modo potevo studiare i libri e con lo strumento del libro parlato, anche perché è sicuramente più piacevole ascoltare una voce umana che legge un libro, piuttosto che una sintesi vocale. Con Maria Rita Varricchio e la biblioteca, e il servizio tutorato con la dottoressa Marcelli, abbiamo iniziato a far leggere i libri a tante bravissime ragazze tirocinanti che stanno facendo un ottimo lavoro. I libri del primo esame che ho dato, l’esame di pedagogia sperimentale, erano già presenti nell’archivio della biblioteca, poiché gli aveva letti Ursula per Gabriele. Così, tramite un’applicazione del computer che si chiama I Tunes, li ho potuti scaricare sui dispositivi mobili, come l’iPad e l’iPhone, e ascoltarli come se fossero file musicali. Purtroppo un conto è leggere un romanzo e un conto è studiare libri universitari e così, nonostante i miei sforzi ed ore ed ore di ascolto, a causa della continua perdita di concentrazione, non riuscivo ad assimilare quasi niente. Ero molto frustrato perché mi stavo rendendo conto che tra leggere e ascoltare, se non ci si è abituati, c’è tantissima differenza. Poi ho avuto un gran colpo di fortuna, anzi due: nel secondo libro che aveva letto Ursula i primi 10 capitoli li aveva letti in compagnia di Gabriele, e ascoltando i commenti di Gabriele. La concentrazione migliorò immediatamente. Il secondo colpo di fortuna fu Cristina, con la quale cercai di replicare quello che avevano fatto Ursula e Gabriele. E così iniziammo ad ascoltarli e a ripeterli insieme. Immediatamente la concentrazione aumentò tantissimo e il poter ripeterli mi aiutò a fermare meglio nella memoria le nozioni acquisite. Tutto andava a gonfie vele ed infatti andammo a fare l’esame di pedagogia sperimentale superandolo con un ottimo voto. Così insieme a Cristina, e con la supervisione dell’ufficio tutorato disabili, abbiamo iniziato a preparare l’esame di storia dell’educazione e di pedagogia speciale. Nel frattempo, ho fatto grandissimi progressi nell’ascoltare il file. Adesso riesco ad ascoltarli anche da solo per tantissime ore. Con Cristina adesso ci dedichiamo sia all’ascolto sia alla ripetizione. Ho capito anche come devono essere letti i libri dalle ragazze che gentilmente si prestano all’opera, e le contatto personalmente, sia per conoscerle meglio e abituarmi alla loro voce, sia per potergli spiegare alcuni trucchetti per agevolarmi. A tutte loro dico di rispettare la punteggiatura, leggere bene i nomi, usare una giusta velocità di lettura, ma soprattutto dico a tutte loro che per avere una giusta enfasi mentre leggono devono pensare che io sia di fronte a loro ad ascoltarle. Certo, per adesso non posso ancora dire di aver trovato un metodo di studio perfetto, anzi devo lavorare ancora tanto, ma sicuramente posso dire di essere sulla buona strada.
Quest’anno ho avuto anche la fortuna e il piacere di frequentare le sue lezioni, il seminario sulla dislessia, un gruppo esperienziale e vari incontri con i genitori di bambini disabili. Ancora ricordo il giorno che venne per la prima volta la dottoressa Gabriella La Rovere, la mamma di Benedetta. Durante il racconto di Gabriella in aula si percepiva un pathos incredibile, ho ancora negli orecchi Benedetta che suona la batteria. Come le dissi in quel momento, l’energia e la passione di Benedetta erano sprigionati dalla sua grande gioia. Quando tornai a casa pensai molto a quell’incontro, a Benedetta. Ripensai alla mia riabilitazione al Sant’Alessio, e ad una ragazza di nome Stefania, di qualche anno più grande di Benedetta, una ragazza cieca e secondo me autistica, anche se noi utenti, per la privacy, non eravamo tenuti a sapere i problemi degli altri utenti. Lei, al contrario di Benedetta non suonava, ma cantava. Una voce dolcissima ma che esprimeva la stessa gioia ed energia. E così giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, incontro dopo incontro, ogni volta che tornavo a casa e ripensavo a ciò che era accaduto in aula, piano piano si faceva più chiaro il mio vissuto durante la riabilitazione. È incredibile. Io pensavo di frequentare soltanto delle lezioni per poi effettuare un esame, invece, in questi cinque mesi, sono riuscito quasi completamente a sistemare tutto quello che mi è accaduto negli ultimi cinque anni, dopo aver perso la vista: la disperazione, l’accettazione, la riabilitazione, la lotta per la riconquista della dignità, la ricerca dell’integrazione.
Benigno Barbetti